Colonizzazione gastronomica: apre Starbucks a Milano

Come se non bastassero già MacDonald, Burger King, Subway, KFC e Domino’s Pizza, ora una nuova catena alimentare statunitense conta di aprire punti in Italia, e questa volta trattasi di Starbucks, quella che vende prodotti di caffetteria in bicchieroni di carta. Il primo punto è stato aperto a Milano in piazza Cordusio, ed una folla di gente, nonostante la pioggia ed i prezzi altissimi, ha fatto la coda per entrarvi, costringendo le forze dell’ordine a blindare la città. Viene da chiedersi cosa ci sia da esultare per l’arrivo di una nuova catena statunitense, come se non ce ne fossero già troppe: insomma, bisogna prima di tutto decolonizzare le nostre menti, è assurdo che la gente plauda all’arrivo di una multinazionale, nelle isole Bermuda quando stava per aprire McDonald la popolazione si è rivoltata al punto tale che il governo ha dovuto vietar per legge le grandi catene, analogamente in Islanda ed in Bolivia hanno da un pezzo chiuso i McDonald, la gente non li voleva più, e anni fa in Francia nella località occitana di Millau la popolazione locale si rivoltò contro l’apertura di un McDonald che alla fine non venne più aperto. Dobbiamo tornare a valorizzare il cibo locale, quello fatto dalle piccole aziende agricole, artigiane e zootecniche radicate sui territori, e porre un freno allo strapotere delle multinazionali. L’Italia attualmente si trova comandata da una parte dall’asse franco-tedesco, e dall’altra dagli USA: ciò si ripercuote anche nel mondo della distribuzione alimentare, dove i supermercati sono in gran parte di catene francesi – tipo Carrefour e Auchan – e tedesche – tipo Lidl – mentre le catene di somministrazione del cibo sono in gran parte statunitensi, oltre alla inglese Chicken Hut che serve cibo di pessima qualità, cioè polli allevati in batteria fritti in oliacci di chissà quale provenienza. Serve un cambio di rotta: boicottiamo le multinazionali e sosteniamo le piccole botteghe artigiane ed i mercati agricoli diretti.

Starbucks poi è una delle peggiori multinazionali anche nella filosofia che propaganda: si vanta di assumere molti immigrati, quindi non si può nemmeno dire che la sua apertura sia un palliativo contro la disoccupazione italiana; negli USA ha più volte fatto lo stesso. Fa i corsi di “antirazzismo”, termine usato in realtà come parola in codice per veicolare l’immissione in Europa di masse di immigrati, insomma vuol tanti immigrati da sottopagare, trincerandosi dietro parole nobili. Si tratta della stessa filosofia ipocrita della Benetton: propagandare un mondo meticcio, dove le identità nazionali vengano livellate, cosa già di per sé aberrante, il tutto in realtà per aver manodopera sottopagabile. Starbucks è talmente “antirazzista” che buona parte del suo caffè proviene da zone dove i coltivatori vengono sfruttati, in particolare anni fa aveva messo in ginocchio l’economia etiope; esattamente come la Benetton, che dietro l’inganno “antirazzista” in realtà va a devastare in Argentina le terre degli indigeni Mapuche. Rispondiamo a questi professionisti dell'”antirazzismo”, in realtà veri schiavisti che speculano sui popoli, che non c’è nulla di razzista nel voler preservare le identità dei singoli popoli, delle nazioni, delle comunità locali: semmai i veri “razzisti”, ma per meglio dire schiavisti, sono loro che schiavizzano i popoli dei paesi del Sud del mondo e propinano prodotti scadenti a quelli del Nord del mondo.

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