Milano: folla al gelo in fila per le Nike

Gli effetti nefasti della società consumistica globalizzata portano a cose impensabili. Mentre dall’altra parte del mondo, ma anche in certe zone nel mondo cosiddetto sviluppato, vi sono persone che fanno la fila per una pagnotta, qua abbiamo le folle di ragazzi vittime della pubblicità e del consumismo a fare file interminabili per acquistare i prodotti delle multinazionali. A Milano era così successo con l’apertura di Starbucks, più recentemente, nella notte tra martedì e mercoledì, un fila di ragazzi si è vista, nonostante il buio ed il gelo, fare la coda per un nuovo paio di scarpe Nike. Evidentemente, a loro poco importava che esse fossero prodotte spesso tramite sfruttamento del lavoro minorile, e che, comunque sia, Nike è un marchio statunitense che delocalizza in Asia, quindi ad acquistarne i prodotti non si sostiene certo l’economia italiana (come neppure ad acquistare Benetton, che pur essendo un marchio italiano ha da tempo dislocato gli stabilimenti produttivi e devasta in argentina le terre del popolo indigeno dei Mapuche). La pubblicità fa un effetto nefasto sulle menti più deboli, e rende più forti i marchi globali rispetto a quelli legati ai territori, visto che i primi hanno più risorse economiche per pubblicizzarsi.

Urge decolonizarsi mentalmente, e di conseguenza anche culturalmente ed economicamente. La logica della corsa ai consumi va abbandonata. Come auguri per il solstizio e per il nuovo anno, dobbiamo davvero sperare in un’inversione di rotta, in un’abbandono della logica della corsa al consumo fine a sé stesso, rimettendo al centro l’uomo, le relazioni sociali e comunitarie e l’ambiente. E cominciamo a consumare meno e meglio: non acquistare prodotti delle multinazionali, preferendo quelli di aziende locali o nazionali, e rivalutando pure i mercatini dell’usato e l’autoproduzione e lo scambio diretto. Vogliamo fare regali di Natale? Facciamoli con prodotti locali, siano essi alimentari presi dai contadini o prodotti non alimentari presi da artigiani locali, o meglio ancora autoprodotti. Ridiamo vita alle comunità locali, al mondo rurale, alle professioni artigiane… contrastiamo l’invadenza di centri commerciali e marchi globali!

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